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Giunti ormai a settembre, e' possibile formulare un primo giudizio sul Napoli 96/97. I nuovi acquisti sembrano essersi inseriti abbastanza bene e il nuovo allenatore Simoni dimostra a mio avviso umilta' ed intelligenza dimostrandosi disponibile a modificare i propri schemi in base alle caratteristiche dei giocatori. Gli ultimi giorni di agosto hanno visto il Napoli giocare partite "vere", o quasi. A Salerno abbiamo assistito, per lo meno, ad un buon pressing ed i ragazzi hanno fatto girare la palla come non si era mai visto in tutta la gestione Boskov. A Bilbao meritavano di stravincere (contro un buon avversario) ma troppi errori davanti alla porta e un po' di rilassatezza hanno portato gli spagnoli al pareggio. Al S.Paolo, contro l'Olimpiakos, non hanno giocato un granche' ma il gol di Esposito con una splendida sforbiciata e' bastato al pubblico sugli spalti. A Monza, infine, nell'esordio di Coppa Italia il Napoli si e' comportato come avrebbe dovuto fare: come una grande squadra che col minimo sforzo si porta a casa il risultato. La squadra e' di discreto livello. In difesa, giocando con il 4-4-2, Cruz (tornato ai livelli di due anni fa) e Ayala (un mostro) credo che rappresentino la coppia di centrali piu' forte del campionato (e una delle migliori al mondo). Qualche dubbio sui laterali: Crasson non sembra godere della fiducia del mister e si e' visto poco; Baldini, Colonnese ed il nuovo acquisto Milanese, pero', non sono assolutamente all'altezza dei due centrali. A centrocampo: Turrini e' un buon laterale ed Esposito ha dimostrato di poter sostituire Buso egregiamente e di avere un'ottimo fiuto per il gol. Beto resta un punto interrogativo: non si e' capito ancora che genere di giocatore sia. Ho paura che i tifosi si aspettino un po' troppo da lui (vedi Ricon). Purtroppo manca anche quest'anno un regista, un uomo d'ordine. In attacco abbiamo un discreto parco giocatori. Caccia e' un attaccante completo, Caio non e' male, Di Napoli lo conosciamo bene. Speriamo che Aglietti si dimostri all'altezza dei 60 gol fatti nelle ultimi tre stagioni. Credo comunque che quest'anno potremo toglierci qualche sfizio. by Davide Azzolini
NAPOLI - E' l'uomo che ha frenato la storia del campionato. L'uomo che ha salvato la faccia alla Juve, la speranza al Parma. Pino Taglialatela, ora, è al cospetto della gloria. Il rigore parato a Roberto Baggio, le magìe su Savicevic e Weah. «La cosa che più mi piace - confessava ieri - è il punticino aggiunto alla classifica. Giocare bene resta un'impresa inutile se poi non serve al risultato. E un pari sul campo del Milan somiglia ad una vittoria. Io sono uno a cui piace fantasticare. Credo che ogni portiere sogni tutte le notti una partita come quella capitata a me domenica. Dopo averla giocata, non mi rendevo conto di cosa stesse accadendo. Sono stati i discorsi coi compagni a farmi capire cos'avevo fatto. Un paragone che amo? Adoro i fumetti. E mi piace il mio soprannome: Batman. No, l'Uomo Ragno ha già un proprietario, Zenga. Vorrei anche dire a Baggio che mi dispiace. Dopo avergli parato il tiro, ho visto nei suoi occhi cos'è la tristezza. Gli auguro di tornare presto il vero Baggio. Il calcio, la nazionale, hanno bisogno di lui».
Ma c'è anche Taglialatela ad avvertire il bisogno della nazionale. «Ma ora è troppo facile parlarne. Non mi va di farlo quando le pagelle dei giornali mi danno tutte 8 o 9. Non credo che questo basti a conquistarla. Sacchi sa cosa ho fatto nei miei due anni e mezzo di A. E, se non fosse soddisfatto, se devo ancora aspettare, aspetterò».
S'è costruito una fama da primato. Nella sua serie A ci sono 14 calci di rigore subiti. Lui ne ha parati addirittura 6. Una media da brividi: il 42,8%. «Ma non voglio passare per para-rigori. Un vero portiere dev'essere molto di più. E poi, coi rigori, è necessaria anche fortuna. Io piuttosto preparo tutto durante la settimana, amo allenarmi lasciando il meno possibile al caso».
E' nato ad Ischia, l'isola seduta nel golfo. La sua Napoli del calcio è cominciata una dozzina d'anni fa. «Prima ero con i ragazzini dell'Ischia. Giocavo sempre con i più grandi. Spesso anche in attacco. Più che a farli, m'accorsi che i gol riuscivo meglio ad evitarli. E dopo un po', avevo quindici anni, venne il Napoli a cercarmi». Nel '93, quando a Soccavo capita Marcello Lippi, Pino diventa finalmente il titolare della prima squadra. Fin lì, ha vagabondato nella provincia. A costruire l'avvenire, perfezionando quel talento di cui Castellini, da anni, si dice sicurissimo. Taglialatela mostra di avere saldamente la A in pugno. Quel Napoli risponde col posto in Uefa al fresco addio di Careca e Zola. Ma i guai sono altri. Le finanze precipitano, il club s'adatta a strategie da squattrinati: risparmio, risparmio ad ogni costo. «Andarono via i grandi. Se un giorno capiterà anche a me? E' bello che certi club ti cerchino. Ma il mio caso è diverso da quello di Ferrara o Fonseca. Loro furono costretti all'addio. Ma la valutazione di un portiere è diversa dalle loro. E poi sento che qualcosa sta cambiando, che il Napoli non ha più tanta necessità di vendere. Ho un contratto fino al '99. Voglio andare in fondo. Magari sorpassare il 2000. Diventare la nuova bandiera».
Il momento peggiore cade un anno fa, di questi tempi. Classifica e bilancio del Napoli sfiorano il collasso. «Era da poco andato via Ferrara e a me affidarono il ruolo di capitano. Mi cascarono addosso d'improvviso delle responsabilità enormi. Troppo, per sperare di tenere intatta la concentrazione. Rinunciai alla fascia: volli dedicarmi solo al mestiere di calciatore. Fu una liberazione. La differenza tra quel Taglialatela e l'attuale è quasi tutta qui. Quando hai esaurito l'entusiasmo del debutto, per restare a certi livelli, devi saperti concentrare, in modo continuo e feroce. Poi, con la maturità, tutto viene via via più naturale. Non dimentico Castellini, naturalmente. Il maestro che ricordo di più. Un anno fa, proprio all'indomani di Milan-Napoli, mi vennero i brividi quando lessi nel titolo di un giornale: "E' tornato il Giaguaro"». Ha dentro un sogno e un dolore: «Vorrei che tra 20 o 30 anni dicano di me ciò che oggi si dice di Castellini e Zoff. Ma non dimentico mio padre, Domenico. L'ho perso anni fa. Continua a restarmi un vuoto. Solo la nascita di mio figlio ha potuto colmarlo».